PIO IX “Né trascurammo di ammonire ed esortar tutti
efficacissimamente affinché, aderendo fermamente alla dottrina cattolica ed
osservando i precetti di Dio e della Chiesa, fossero concordi, tranquilli e
caritatevoli con tutti”
Ritiro delle truppe
pontificie dalla guerra contro l’Austria, 1848-04-29
Più
volte, o venerabili fratelli, noi abbiamo detestato nel nostro consesso
l'audacia di alcuni che non avevano dubitato di rivolgere ingiurie a Noi, e
perciò a questa Apostolica Sede, dicendo falsamente che Noi abbiamo deviato, e
non in un solo punto, dai santissimi istituti dei nostri predecessori e
(orribile a dirsi!) dalla dottrina medesima della Chiesa. Veramente né oggi
mancano di quelli che così parlano di Noi, quasi fossimo stati principali
autori dei pubblici sommovimenti, che negli ultimi tempi sono avvenuti, oltre
che in altri luoghi d'Europa, anche in Italia. E specialmente in Austria e in
Germania abbiamo saputo essersi sparsa e diffusa fra il popolo la voce che il
Romano Pontefice avesse inviato suoi messi, usato altre arti, avesse eccitato i
popoli italiani a provocare nuovi mutamenti negli ordini pubblici. Abbiamo
saputo altresì che alcuni nemici della religione cattolica hanno colto da ciò
occasione per infiammare gli animi dei Tedeschi alla vendetta e staccarli dalla
Santa Sede.
"Noi
siamo sicuri che le popolazioni della Germania cattolica e i nobilissimi
vescovi che la governano aborriscono dalla malvagità di costoro, tuttavia siamo
persuasi che è nostro dovere correggere e prevenire l'impressione che potrebbe
nascere negli incauti e nei semplici e ribattere la calunnia che ridonda non
solo in contumelia della nostra persona, ma anche del supremo apostolato che
esercitiamo. E poiché quei medesimi nostri biasimatori, non potendo provare le
macchinazioni di cui ci accusano, si sforzano di recare a sospetto quelle cose
che noi abbiamo fatto nell'assumere il potere temporale, per stroncare queste
calunnie vogliamo oggi spiegare chiaramente ed apertamente nel vostro consesso
tutta la ragione di quelle cose.
Come
voi sapete, o venerabili fratelli, già fin dagli ultimi tempi di Pio VII,
nostro predecessore, i maggiori principi dell'Europa cercarono di indurre
l'Apostolica Sede ad introdurre nell'amministrazione civile sistemi più
rispondenti ai desideri dei laici. Poi, nel 1831, ribadirono questi voti e
consigli con quel famoso Memorandum che gli imperatori d'Austria e Russia e i
re di Francia, Inghilterra e Prussia ritennero opportuno mandare e Roma per
mezzo dei loro ambasciatori. In quella nota, fra l'altro, si parlava di
convocare a Roma una Consulta di tutto lo Stato pontificio e d'instaurare od
ampliare la costituzione dei Municipi, d'istituire i consigli provinciali, come
pure d'introdurre gli stessi ed altri istituti in tutte le province a comune
utilità e di rendere accessibili ai laici tutti quegli uffici che riguardassero
o l'amministrazione delle cose pubbliche o l'ordine dei giudizi. E questi due
punti singolarmente si proponevano come principi vitali di governo. In altre
note di ambasciatori si parlava di dare un più ampio perdono a tutti coloro che
si erano levati dalla fede del principe nel dominio pontificio.
"Tutti
poi sanno che alcune di queste cose furono attuate da Gregorio XVI, nostro
predecessore, e che altre furono promosse negli editti emanati per ordine suo
nel 1831. Ma questi benefizi del nostro predecessore non parvero così
pienamente rispondere ai voti dei principi né a bastare ad assicurare la
pubblica utilità e la tranquillità in tutto lo Stato della Santa Sede. Per la
qual cosa Noi, appena dall'imperscrutabile volere di Dio fummo posti sul trono,
non eccitati da conforto o consiglio, ma spinti dal nostro singolare affetto
verso il popolo sottoposto al temporale dominio ecclesiastico, concedemmo un
più largo perdono a coloro che si erano allontanati dalle fedeltà dovuta al
Governo pontificio e quindi ci affrettammo a fare alcune cose che avevamo
pensato dovessero giovare alla prosperità del popolo. E tutto ciò che operammo
all'inizio del nostro pontificato ben si accorda con quello che i principi
d'Europa avevano desiderato.
Ma
poiché, con l'aiuto di Dio, furono attuati i nostri disegni, i nostri popoli e
quelli vicini esultarono di gioia e con pubbliche dimostrazioni ci acclamarono
così smodatamente da indurci a provvedere affinché anche in questa eterna città
si contenessero entro i giusti limiti i clamori, i plausi e gli assembramenti
che con troppo impeto prorompevano.
Tutti
inoltre conoscete le parole dell'allocuzione che vi rivolgemmo nel concistoro
del 4 ottobre dell'anno scorso con il quale commentammo la benignità e le più
amorevoli premure dei principi verso i popoli a loro soggetti ed esortammo i popoli
stessi alla fede ed all'obbedienza dovuta ai loro principi. Né trascurammo di
ammonire ed esortar tutti efficacissimamente affinché, aderendo fermamente alla
dottrina cattolica ed osservando i precetti di Dio e della Chiesa, fossero
concordi, tranquilli e caritatevoli con tutti. E deh ! fosse stato in piacer di
Dio che il desiderato successo avesse risposto alle nostre voci e ai nostri
conforti paterni ! Ma sono chiari a ciascuno i pubblici sommovimenti dei popoli
italiani, di cui su abbiamo fatto cenno, come gli altri eventi che, o fuori
d'Italia o nella stessa Italia, erano accaduti prima o accaddero dopo.
"Se
poi qualcuno volesse pretendere che ciò che benevolmente e benignamente abbiamo
fatto all'inizio del nostro pontificato abbia provocato tali eventi, sarebbe in
errore perché abbiamo fatto quello che non solo a Noi, ma ai suindicati
principi era sembrato opportuno alla prosperità del nostro dominio temporale.
Rispetto poi a coloro che nei nostri Stati abusarono dei nostri stessi
benefizi, Noi, imitando l'esempio del Divin Principe dei Pastori, perdoniamo
loro di cuore e affettuosamente li richiamiamo a più sano consiglio, e a Dio,
padre delle misericordie, supplichevolmente chiediamo che allontani con
clemenza dal loro capo i flagelli che sovrastano agli ingrati. I popoli
tedeschi pertanto non dovrebbero nutrire sdegno verso di Noi se non ci fu
possibile frenare l'ardore di quei nostri sudditi che applaudirono agli
avvenimenti antiaustriaci dell'Italia settentrionale e, infiammati come gli
altri di pari fervore verso la propria nazione, cooperarono con gli altri
popoli d'Italia a pro della stessa causa; altri sovrani europei, che dispongono
di eserciti più potenti del nostro non hanno potuto di recente frenare
l'agitazione dei loro popoli.
"Stando
così le cose, Noi, ai nostri soldati mandati al confine pontificio
raccomandammo soltanto di difendere l'integrità e la sicurezza dello Stato
della Chiesa. Ma se a quel punto, alcuni desideravano che noi assieme con altri
popoli e principi d' Italia prendessimo parte alla guerra contro gli Austriaci,
giudicammo conveniente palesar chiaro ed apertamente in questa solenne
radunanza che ciò è lontano dalle Nostre intenzioni e consigli, essendo Noi,
sebbene indegni, facciamo in terra le veci di Colui che è autore di pace e
amatore di carità, e secondo l'ufficio del supremo nostro apostolato
proseguiamo ed abbracciamo tutte le genti, popoli e nazioni con pari paternale
amore. E se non mancano tra i nostri sudditi coloro che si lasciano trarre
dall'esempio di altri italiani, Noi potremo contenere codesto ardore.
Qui
non possiamo astenerci dal ripudiare al cospetto di tutte le genti i subdoli
consigli, palesati eziandio per giornali e per vari opuscoli, da coloro i quali
vorrebbero che il Pontefice romano fosse capo e presiedesse a costituire una
simile nuova Repubblica degli universi popoli d'Italia. Anzi in quest'occasione
ammoniamo e confortiamo gli stessi popoli d' Italia, mossi a ciò dall'amore che
loro portiamo, che si guardino attentamente da siffatti astuti consigli e
perniciosi alla stessa Italia, e di restare attaccati fermamente ai loro
principi, di cui sperimentarono già la benevolenza e non si lascino mai
staccare dalla debita osservanza verso di loro.
"Qualora
altrimenti lo facessero, non solo verrebbero meno del proprio debito, ma anche
avrebbero pericolo che la medesima Italia non si scindesse ogni giorno di più
in maggiori discordie ed intestine fazioni. Per quello che a Noi tocca, Noi
dichiariamo reiteratamente il Romano Pontefice intendere tutti i pensieri, le
cure, gli studi suoi perché il regno di Cristo, che è la Chiesa, prenda ogni
giorno maggiori impegni, non perché si allarghino i termini del principato
civile, che la Divina Provvidenza volle donare a questa Santa Sede, a sua
dignità e per assicurare il libero esercizio dell'apostolato supremo. In grande
errore dunque si avvolgono coloro che pensano l'animo nostro poter esser dalla
lusinghiera grandezza di un più vasto temporale dominio sedotto a gettarci in
mezzo ai tumulti dell'armi.
Questo
invece sarebbe giocoso al nostro cuore paterno, se con le opere, con le cure,
con gli studi nostri ci fosse dato il modo di estinguere i fomiti delle
discordie, a conciliar gli animi che si combattono ed a restituire la pace fra
loro. Intanto, mentre con non lieve consolazione dell'animo nostro intendemmo
in parecchi luoghi non pure in Italia ma anche fuori, in un così gran movimento
delle pubbliche cose, i nostri figli non esser venuti meno della riverenza
verso le cose sacre e i ministri del culto; ci dogliamo pure con tutto l'animo
che quest'osservanza non sia stata mantenuta in ogni luogo.
Né
possiamo trattenerci dal lamentare nel vostro consesso quella funestissima
consuetudine, che principalmente imperversa nei nostri tempi, di mettere in
luce libelli pestiferi di ogni genere, nei quali si fa fierissima guerra alla
santissima nostra Religione e all'onestà dei costumi, o si infiammano le
perturbazioni e le discordie cittadine, o si attaccano i beni della Chiesa, o
si contestano i suoi sacratissimi diritti, o si diffamano con false accuse gli
ottimi uomini. Queste cose, o venerabili fratelli, oggi stimiamo dovervi
comunicare. Resta ora che al medesimo tempo, nell'umiltà del nostro cuore
offriamo assidue i ferventi preci a Dio Ottimo Massimo, che voglia guardare la
sua Santa Chiesa da ogni avversità, e si degni rimirarci e difenderci
benignamente da Sion, e rievocare tutti i principi e popoli agli studi della
desiderata pace e concordia
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